N° 111

RITORNO AL PASSATO

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

            Il volto di Tony Stark è nascosto dall’elmo che indossa ma anche se filtrata elettronicamente la sua voce sembra incrinata dall’emozione mentre dice al suo avversario in armatura:

<<Che cosa hai detto?>>

<<Hai capito benissimo.>> ribatte Iron Monger <<Io sono tuo fratello. Ne sei davvero sorpreso? Non l’hai mai saputo?>>

<<Tu… tu sei Gregory?>>

            E se si potesse vedere il volto di Iron Monger sarebbe evidentissimo il suo sorriso di scherno,

 

            L’afroamericano si sveglia con un forte dolore alla testa. Gli ci vuole qualche istante per ricordare cosa gli è successo. Qualcosa di pesante e duro lo ha colpito alla testa: il calcio di una pistola o di un fucile probabilmente. Se lo è meritato. Cosa credeva di fare entrando così nella casa del suo nemico?

            La testa continua a pulsare. Ricevere una botta del genere nel cranio non è come nei film o negli altri tipi di fiction dove la gente si rialza come se niente fosse dopo averla ricevuta. Invece lui ha una gran voglia di vomitare proprio lì sul pavimento dove è sdraiato ma non intende dare questa soddisfazione all’uomo, afroamericano come lui, che se ne sta in piedi ad osservarlo dall’alto e probabilmente si diverte:

-Tutto a posto, Kasper?- gli chiede.

            La sua voce ha un tono divertito e perché non dovrebbe averlo? Dopotutto è lui ad essere in vantaggio.

            Con uno sforzo sovrumano Kevin Cole, Detective di 2° Grado in forza alla sezione Narcotici del Dipartimento di Polizia di New York, si rialza e fissa l’altro negli occhi o meglio lo farebbe se questi non fossero nascosti da lenti a specchio.

-Odio quel soprannome.- riesce a dire.

-È per colpa della tua pelle troppo chiara per un niggah[1] e pure della tua brutta abitudine di apparire all’improvviso come un fantasma. Se ti fossi fatto annunciare come fanno tutti, il mio uomo di guardia non ti avrebbe colpito così forte.-

-Stai cercando di farmi sentire ancora più stupido, Nigel?-

-Sarebbe difficile, credo. Mi chiedo cosa volessi fare così da solo… forse non lo sai neanche tu.-

-Falla finita, Nigel! Che intendi fare adesso? Uccidermi?-

            Nigel Blaque scuote la testa e replica:

-Sarebbe uno spreco e mi toglierebbe tutto il divertimento. Invece credo che chiamerò la Polizia.-

 

Nella sede americana della Stark-Fujikawa a Flushing, Queens, il Vice Presidente Esecutivo Philip Stark riceve due visitatrici: una giovane donna di evidenti origini asiatiche dai lunghi capeli nei ed una donna più anziana ma ancora a suo modo affascinante dai capelli color biondo cenere.

-Bentornata Ling.- dice Philip alla più giovane e poi si rivolge all’altra -Lei dev’essere la famosa Amanda Armstrong, è un piacere conoscerla. Se ho capito bene, lei è quasi una di famiglia.-

-Qualcosa di simile, sì.- mormora la donna stringendo la mano di Philip.

            La sua attenzione è attratta da alcuni ritratti appesi ad una parete e ne sfiora uno dicendo:

-Howard… e questo è suo padre. Sono come li ricordavo anche se lui era tanto più giovane.-

-Da quanto ne so, Mrs… Armstrong…- interviene una donna dai capelli rossi e gli occhi verdi -… lei ha una storia da raccontare.

-È Miss Armstrong, non mi sono mai sposata… e suppongo che lei abbia ragione, Miss…-

-Bethany Cabe e sono molto curiosa di conoscere la sua storia.-

            Amanda Armstrong sospira, si siede e dice:

-Va bene. Da dove volete che cominci?-

-Dall’inizio suppongo.- replica Philip, lievemente sarcastico.

-Dall’inizio… non è facile stabilire quando è stato ma era comunque parecchio tempo fa.-

            E comincia a raccontare.

 

 

 

2.

 

 

            La storia di Amanda Armstrong, almeno secondo il suo punto di vista, era abbastanza banale. Suo padre era nel Servizio Estero degli Stati Uniti e questo voleva dire che quando non era distaccato in qualche ambasciata, era comunque in viaggio da qualche parte.i Amanda era cresciuta letteralmente in giro per il mondo. La cosa aveva i suoi vantaggi perché aveva visitato una sacco di posti ma al tempo stesso l’aveva privata di amicizie stabili e della possibilità di mettere davvero radici in un luogo che potesse sentire veramente suo. Alla fine cominciava a sentirsi americana solo perché questo era scritto nel suo passaporto.

         Quali fossero i reali compiti di suo padre nel servizio diplomatico non lo aveva mai davvero capito ed in fondo nemmeno le importava. Era giovane ed in cerca di emozioni.

         Ne avrebbe trovate più di quante ne avrebbe volute e si sarebbero consumate in una sola, breve estate.

         Tutto cominciò a Berlino quando aveva solo 16 anni ed andò al concerto di una rock band che proprio in quel periodo stava cominciando a diventare famosa. Fu notata dal cantante e leader del gruppo che ad un certo punto la fece salire sul palco e, con sua sorpresa, la invitò a cantare con lui. Sorpresa ancora più grande: Amanda sapeva cantare e lo sapeva fare alla grande.

         Lei ed il cantante finirono a letto insieme ovviamente e lei decise di seguirlo lasciandosi alle spalle una famiglia decisamente sconcertata per non dire di peggio.

Fin qui, potrebbe sembrare la solita storia vista e rivista ma ad un certo punto le cose presero una svolta decisamente imprevedibile.

 

            Dalla sua terrazza l’uomo conosciuto come Zhang Tong osserva l’orizzonte poi, improvvisamente, chiama con voce ferma:

-Cybermancer!-

            Quasi immediatamente una ragazza orientale in costume corazzato bianco arriva vicino a lui dicendo:

-Comanda mio Signore. Io eseguirò.-

            Zhang Tong sorride compiaciuto. Una donna così orgogliosa ed arrogante ora è completamente sottomessa al suo volere ed è anche stato facile.

-Sta per cominciare una battaglia, una importante che determinerà il futuro del mio più grande nemico. Nessuno dovrà interferire e tu dovrai assicurartene. Sei pronta?-

            Lo strano guanto alla mano destra di Cybermancer sfrigola e brilla di energia mentre lei chiede:

-Dove devo andare?-

-Alla Stark-Fujikawa.-

            Al sentire quel nome Cybermancer fa un sorriso cattivo.

 

La voce di Iron Monger risuona direttamente nel casco di Iron Man senza che gli altri possano udirla:

-Sei pronto a lottare per ciò che è tuo, Tony?-

-Non ho fatto altro per tutta la mia vita da adulto e tu, Gregory?- è la secca risposta.

-Ancora da prima. Ma ora non è più il momento di parlare ma di…agire.>>

            La scarica di uniraggio pettorale non è del tutto inaspettata ma Iron Man non riesce comunque ad evitarla e viene sbalzato indietro.

<<Questo è un duello, una questione tra te e me.>> dice Iron Monger <<Le tue amiche sono di troppo: non devono interferire.>>

<<E come pensi si impedircelo?>> ribatte Rescue.

<<Ci penseranno loro:>> e la risposta di Iron Monger mentre indica in alto.

            Tre figure volanti dalla scintillante armatura blu si stanno avvicinando.

 

 

3.

 

 

            Nell’ufficio di Philip Stark Amanda Armstrong si interrompe e riprende fiato. Per qualche istante tutti rimangono silenziosi poi Bethany Cabe dice:

-E così lasciò Berlino. Una decisione impulsiva ma chi sono io per criticarla? E dopo cosa successe?-

            Prima che Amanda possa continuare, la porta dell’ufficio si spalanca e fa il suo ingresso una furibonda Sunset Bain.

-Si può sapere che cosa ti è preso, stupido ragazzino?- urla -Pensi davvero di potermi dare ordini come se fossi una comune dipendente?- urla.

            Philip non si scompone, abbozza un sorriso e risponde:

-Per la verità, sì. Ammetto che non sei comune ma finché sono io a capo della baracca, sono anche io che do gli ordini a quelle come te. Se non ti sta bene, puoi dimetterti dalle tue cariche e come da contratto riceverai una generosa buonuscita.-

-Tu, arrogante figlio di…-

-Piano con le parole. Nel caso tu non lo sappia, mia madre è una che è pericoloso offendere. E adesso dimmi: devo firmarti l’assegno?-

            Sunset inghiotte amaro poi risponde:

-Per questa volta passi, ma riprenderemo il discorso a tempo debito… e senza orecchie indiscrete.-

-Oh, non badate a me.- interviene Bethany Cabe -Sono solo di passaggio.-

            Sunset le rivolge un’occhiataccia poi torna a parlare con Philip:

-Posso sapere adesso qual è l’emergenza per cui hai richiesto l’intervento di Steel Warrior?-[2]

-Farò di più: guarda!-

            Su uno schermo incastrato in una parete appaiono delle immagini satellitari e Sunset si lascia sfuggire un commento:

-Interessante.-

 

            La ragazza in armatura che si fa chiamare Rescue guarda verso l’alto ed esclama:

<<Chi o cosa sono quelli?>>

<<Raiders!>> risponde Iron Man <<Mercenari tecnologici molto pericolosi..>>

<<Questo scontro è una questione personale tra noi due, Tony…>> interviene Iron Monger <<… ma è giusto che anche le tue amiche si divertano.>>

            Tony Stark può benissimo immaginare il sorriso del suo fratellastro sotto l’elmo che ne cela il volto.

<<Divertimento? È così che lo chiami?>> sbotta <<Allora ti darò di che divertirti, puoi starne certo!>>

            Senza perdere altro tempo in chiacchiere Tony spara una doppia scarica di repulsori verso Iron Monger che la evita alzandosi in volo per poi dire:

<<Ti sei sempre ritenuto un genio ma è ora che tu ed il mondo sappiate che io sono migliore!>>

            Dalla sua armatura parte un’onda di calore che avvolge completamente Iron Man.

 

            Sunset Bain si volge verso Philip e dice:

-Ok, ragazzino. Riconosco che stavolta avevi le tue buone ragioni. Qualunque cosa stiano combinando tutti quei tizi in armatura, se lo scontro si estendesse alla Stark-Fujikawa sarebbe decisamente male per gli affari. D’altra parte, se Steel Warrior giocasse un ruolo importante nel farlo finire, sarebbe tutta pubblicità gratuita. Forse non sei stupido come credevo.-

-Ti ringrazio del complimento, Sunset.- replica Philip sarcastico -Ora che ci siamo chiariti, immagino che dovrai tornare al tuo lavoro. Conto su di te per dirigere Steel Warrior.-

-Oh, so come manovrarlo, questo è certo. Mi metterò subito in contatto con lui..-

            Sunset sta per uscire dall’ufficio poi si ferma. Dà una rapida occhiata ad Amanda Armstrong e le chiede:

-Ci conosciamo?-

-Non credo proprio.- replica Amanda -È la prima volta che vengo qui e manco dagli Stati Uniti da quarant’anni.-

-Eppure… è qui per affari?-

-Miss Armstrong è una vecchia amica di famiglia che è venuta a farmi visita.- interviene Philip.

            Sunset scuote la testa perplessa. Sta per dire qualcosa ma alla fine ci rinuncia ed esce. Non appena la porta si è chiusa alle sue spalle Bethany Cabe si rivolge a Philip:

-Dovresti tenerla d’occhio, lo sai?-

-Lo sto già facendo.- risponde lui -Come ha detto lei stessa: non sono così stupido come credeva. Ma adesso occupiamoci d’altro. Miss Armstrong, vuole continuare la sua storia?-

            Amanda ricomincia il suo racconto.

 

 

4.

 

 

            La vita in tournée era decisamente eccitante. Amanda, ora diventata Mandy Strong, ne assaporava ogni momento e doveva ammettere che le piaceva salire sul palco e sentire il calore del pubblico mentre cantava e naturalmente le piaceva cantare, sentiva di essere nata per questo.

         E poi c’era Kurt. Non era il tipo di ragazzo che sua madre avrebbe approvato, il che, ovviamente, lo rendeva ancora più attraente. Era una bella vita ma dentro di sé sapeva che non poteva durare.

         Capì che il momento magico era finito in una mattina di primavera in un posto chiamato Royale de Bains, sulla riviera francese mentre la band stava allestendo il palco per il concerto della sera.

         Non poteva sbagliare: i due uomini appena scesi da un’auto nera e vestiti con un impeccabile completo scuro erano lì per lei.

         Le si avvicinarono ed uno di loro le disse:

-Buonasera Miss Armstrong. Finalmente ci incontriamo.-

         Amanda sospirò e replicò:

-Mi chiamo Mandy Strong.-

-Lei è Amanda Armstrong, cittadina americana, minorenne fuggita di casa.-

-Ho 18 anni e posso provarlo.-

         Amanda mostrò un documento ma i due non sembravano impressionati.

-Ottima fattura ma falso. Complimenti al falsario comunque. Il suo amichetto ha le conoscenze giuste, pare.-

-Ehi che succede?-

         Kurt era appena arrivato ed il suo tono era decisamente irritato

-Questi tizi ti stanno rompendo le scatole Mandy?-

-Siamo venuti per riportare Miss Armstrong a casa sua.- replicò il più anziano dei due.

-Ah sì? E chi sareste?-

-Agenti Clark e Gregg, Servizio di Protezione Diplomatica degli Stati Uniti. Il padre di Miss Armstrong ci ha incaricati di riportarla a casa.-

-E se lei non volesse venire? Qui in Francia non avete l’autorità per agire e non vedo nessun poliziotto o mandato francese.-

         Uno degli agenti sospirò e subito dopo estrasse una pistola per poi colpire il giovane al volto.

-Speravo di poter risolvere le cose senza violenza, ma è andata male.- disse -Non faccia storie Miss Armstrong e ci segua o al suo amico potrebbe capitare di peggio che una mascella rotta.-

         Amanda tacque. Quelli non erano veri agenti del DPS. Chi erano allora e perché volevano portarla con loro? Comprese che le risposte non le sarebbero piaciute.

 

 

         Sunset Bain rientra nel suo laboratorio e si rivolge alla sua assistente:

-Dov’è Chet Harrigan? ho bisogno di lui.-

-Dici sul serio?- replica la sua assistente il cui volto si trasforma in una sfera rossa -Non sarebbe il caso di usare Wills?-

-Questa è una missione ufficiale e Wills è troppo… imprevedibile. In più: Morgan e gli altri non sanno di Wills ed è bene che continuino a non saperlo.-

-Giusto! Non sia mai che i capi scoprano che hai un’agenda segreta tutta tua che stai portando avanti alle loro spalle.-

-Sei una dannata impertinente, Ruby. Non capisco perché ti sopporto.-

-Perché sono brava in quello che faccio e mi sono resa indispensabile? Magari è per questo.-

            Sunset si morde le labbra ed infine dice:

-Voglio Steel Warrior operativo in dieci minuti.-

 

            Amanda Armstrong tace e Bethany Cabe non può fare a meno di chiedere:

-E così non erano veri agenti federali ma perché volevano rapirla?-

-È… complicato.-

-Ed io vorrei capire cosa c’entra tutto questo con gli Stark.- interviene Philip.

-Perché fu a questo punto che arrivò Howard.- è la risposta di Amanda.

            Una breve pausa e riprende a parlare.

 

 

5.

 

 

           

 

         Amanda non si mosse e replicò:

-Non vado da nessuna parte se non mi dite chi siete.-

L’uomo che aveva detto di chiamarsi Clark afferrò Amanda per un polso e la strattonò violentemente.

-Non capisco se sei solo ostinata o anche stupida.- le disse -In ogni caso, ora vedrai che facciamo sul serio. Gregg, uccidi quell’idiota.-

         Clark indicò Kurt ancora seduto sul pavimento e l’uomo chiamato Gregg gli puntò contro la sua arma mentre Amanda urlava:

-Noo!-

         Un attimo prima che potesse sparare qualcosa si abbattè con forza sul suo polso. Quel qualcosa era un bastone da passeggio che subito dopo colpì l’uomo al mento mentre una voce maschile con accento inglese diceva:

-Trovo decisamente disdicevole cercare di uccidere una persona indifesa. Non è azione da gentiluomini.-

         A parlare era stato un uomo vestito con un elegante completo di sartoria con tanto di bombetta.

-Ottimo, Jarvis!- esclamò un giovanotto dai capelli e baffi neri.

-Non so chi siate voi due imbecilli…- disse Clark puntando loro contro la sua pistola -… ma vi siete appena guadagnati entrambi un biglietto di sola andata per il paradiso.-

         Una detonazione echeggiò improvvisa e Clark cadde all’indietro mentre un foro si apriva sulla sua fronte.

         I presenti si voltarono nella direzione dello sparo e videro in piedi una donna di colore che impugnava a due mani una Beretta.

-Non state lì impalati e seguitemi se volete rimanere vivi.- intimò loro.

-E lei chi sarebbe per darci ordini?- chiese il giovane con i baffi.

-Credo, Padron Howard, che al momento sia consigliabile seguire il consiglio di quella signora. Credo che sappia quello che fa.-

-Uhm, forse hai ragione Jarvis, ma presto qualcuno dovrà darmi delle spiegazioni.-

         Si misero a correre e la donna indicò loro un minivan parcheggiato poco lontano.

-Entrate.- disse loro la loro salvatrice mentre si guardava intorno guardinga.

         Fece salire i suoi forzati ospiti e poi balzò lei stessa all’interno. Appena in tempo, perché subito dopo il minivan divenne il bersaglio di una scarica di proiettili.

-Parti- intimò la ragazza al guidatore che non si fece pregare.

         Amanda era sconcertata? Che cosa stava succedendo? Perché volevano rapirla e cosa c’entrava suo padre in tutto questo?

 

         Per un momento che sembra eterno l’armatura di Iron Man è completamente incandescente poi, lentamente, riprende il suo aspetto normale ed il suo occupante chiede in modo sprezzante:

<<Tutto qui quello che sai fare, Gregory?>>

            Tony Stark può facilmente indovinare il sorriso arrogante del suo avversario mentre gli risponde:

<<Era solo l’inizio. Non ho ancora davvero cominciato a combattere.>>

            E Tony sa che non è solo una vanteria.

 

         Il minivan prese a correre a tutta velocità sballottando gli occupanti. Un’auto ed un paio di moto si misero all’inseguimento e gli occupanti cominciarono a sparare contro la vettura.

-Ma cosa ca… sta succedendo?- chiese il giovanotto coi baffi.

La donna di colore, che indossava una pratica tuta scura, non gli rispose ma aprì uno dei finestrini e si mise a sparare a sua volta centrando uno dei motociclisti che rotolò sulla strada.

-Meno uno.- commentò

Sparò ancora altre due volte ed abbattè un altro paio di aggressori.

-E meno tre.-

         Nel frattempo l’autista aveva messo in atto tutti i trucchi possibili per seminare altri eventuali pedinatori. Alla fine, quando fu sicuro di non essere seguito, raggiunse una villa non distante dalla spiaggia e si arrestò sul viale d’ingresso..

         I passeggeri scesero ancora scossi. A parte, ovviamente, l’afroamericana, perché questo era, Amanda ne era certa. L’accento la tradiva. Ma chi era e perché era intervenuta proprio al momento giusto?

         Il giovane con i baffi ruppe il silenzio e le si rivolse dicendo:

-Forse non è il momento più adatto per presentarci ma tanto vale: io mi chiamo Howard Stark e lui è il mio fedele maggiordomo Jarvis.-

         Stark? Il nome le suonava familiare ma non ricordava perché.

-Io sono Mandy Strong.- replicò Amanda.

-Lo so chi è. Il vostro impresario mi aveva invitato alle prove del concerto della band, il che mi ha portato ad essere nel posto giusto al momento giusto… o forse quello sbagliato, chissà?-

-La devo ringraziare, Mister Stark. Se non fosse stato per voi due…-

-Sarebbe probabilmente finita male per tutti se non fosse intervenuta la nostra salvatrice. A proposito della quale… non ha ancora risposto alle domande chi è e cosa sta succedendo?-

-A questo posso rispondere io, ma non credo che le risposte vi piaceranno.-

         A parlare era stato un uomo uscito dalla casa che sfoggiava sull’occhio sinistro una benda da pirata e se proprio non era un pirata, di certo era una qualche specie di avventuriero, pensò Amanda.

-E lei chi è?- chiese Howard Stark.

-Il mio nome è Fury, Nick Fury, colonnello in congedo dell’Esercito degli Stati Uniti ed attualmente agente della C.I.A.-

         Le sorprese continuavano.

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Che cosa dire? Questo è probabilmente l’episodio di Iron Man più anomalo che mi sia mai capitato di scrivere. Ho rielaborato a mio uso e consumo alcuni personaggi apparsi in storie successive al momento in cui la continuity MIT si è distaccata da quella USA. Ad alcuni questo non piacerà, ad alcuni e magari ad altri sì, me ne assumo tutta la responsabilità.

            Appuntamento al prossimo episodio per il pirotecnico finale… forse.

 

 

Carlo



[1] Dispregiativo di negro nel dialetto dei neri di Harlem. Tra l’altro di questi tempi anche negro è considerato dispregiativo.

[2] Nell’ultimo episodio.